Luca, Suonavo, suono e suonerò sempre.

Fare musica vuol dire andare oltre ogni barriera, lasciarsi trasportare dalle infinite sfumature della vita, dare forma danzante a tutte le sfaccettature delle emozioni, ma soprattutto portare speranza. Io, infatti, sono nato “sordo profondo” e vado ogni anno ad esibirmi col mio strumento per i genitori che hanno appena scoperto di avere un figlio con questo problema.

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Sentire la vita

Ero nato nel silenzio e il silenzio era la mia culla.

Potevo vedere, gustare, annusare e toccare l’amore dei miei genitori e questo mi bastava per essere felice. Furono loro a decidere per me, perchè ero molto piccolo e non potevo capire che, quando ti stacchi dall’abbraccio della mamma, hai bisogno di più strumenti per camminare nella vita.

Quando andai in sala operatoria perchè mi inserissero l’impianto cocleare da entrambe le parti, ero del tutto inconsapevole: avevo soltanto nove mesi.

Fortunatamente ad occuparsi di me fu un centro di eccellenza, quello di Varese, a cui devo gran parte di ciò che sono oggi.

Ma, quando mi “accesero” le orecchie, la forza prorompente dei suoni e dei rumori mi spaventò. Cos’erano quelle vibrazioni indistinte? Cosa stava succedendo?

Improvvisamente quel quinto senso entrò nel mio mondo e mi cambiò la vita. Dopo lo smarrimento iniziale, scoprii che la mamma non era solo sapore, morbidezza, dolcezza e profumo, ma era anche musica…

L’acqua non era solo freschezza, ma anche suono… E anche i baci dei miei genitori suonavano…

All’inizio era una giostra di emozioni confuse, ma poi tutto prese forma nella mia mente e divenne normalità, una normalità felice fatta di famiglia, scuola, amici, compleanni e soprattutto di musica.

Sì, perché il mio papà mi trasmise la sua passione ed iniziai presto a suonare la tromba. Suonavo, suono e suonerò sempre.

Fare musica vuol dire andare oltre ogni barriera, lasciarsi trasportare dalle infinite sfumature della vita, dare forma danzante a tutte le sfaccettature delle emozioni, ma soprattutto portare speranza. Io, infatti, sono nato “sordo profondo” e vado ogni anno ad esibirmi col mio strumento per i genitori che hanno appena scoperto di avere un figlio con questo problema.

Quando, la prima volta, si alzarono in piedi ad applaudirmi, mi stupii. Perché lo facevano? Fare musica, per me, era normale, assolutamente normale: non capivo bene il significato del messaggio che portavo.

Oggi vedo in quegli sconosciuti la mia mamma e il mio papà di 13 anni fa, nei loro occhi c’è lo smarrimento che sicuramente avevano provato, ma qualcosa cambia quando la melodia della mia tromba li raggiunge e li abbraccia.

Grazie ai miei impianti, vivo così una vita piena: ho amici, progetti, cerco di aiutare gli altri e sono pronto ad assaporare il mio futuro con tutti i sensi.

Luca Fraccaro*1


Una donna che porta un impianto sorride tenendo la mano di un uomo

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